Per lo spigolo del Sevice fino alla piramide del Velino

Lo spiraglio di bel tempo di un inverno duro a morire, uno spiraglio di bel tempo che annunciava di aprire la sua finestra proprio di Sabato e la smania di Luca per uscire alla conquista di nuove montagne sono stati i motivi di tutta una settimana di attesa. Lo scorso week end, proprio con Luca ho vissuto l’entusiasmante cresta ovest del gruppo del Vettore e sognato di trovarmi sulle creste dall’altra parte della conca del Lago di Pilato per andarmi a prendere l’ultimo avamposto ancora inviolato, vetta quasi sconosciuta, che risponde al nome di Sasso d’Andrè. Il sogno che stava diventando realtà si è infranto nella poca voglia di rifarsi una micidiale scorpacciata di chilometri. Le vette inviolate che rispondono ormai a questo gioco dei 2000 metri dell’appennino sono tutte relegate ai confini delle provincie intorno Roma e tutte meriterebbero una programmazione più accurata. Non rimaneva che cimentarsi in un’altra ripetuta interessante. Ho pensato a Luca e alla sua smania di conquista. Ho pensato al Velino. Così su due piedi, senza bisogno di troppa programmazione e studio la classica delle classiche salite al Velino si è concretizzata. Superato Rosciolo seguendo le indicazioni per la chiesa di S. Maria in Valle Porclaneta dopo un chilometro abbiamo parcheggiato l’auto nell’ampio piazzale da dove ottime indicazioni dettano l’inizio del sentiero n° 3 per il Velino. Alle 7 di una giornata fresca ma non fredda eravamo già lungo la sterrata che conduce al Passo le Forche; lasciatala sulla destra dopo poche centinaia di metri ci siamo inoltrati nella bassa boscaglia seguendo come unica indicazione il vallone del Sevice che davanti a noi si incassava tra le pareti del Sevice stesso ed il Rozza dettando senza alcuna ambiguità la nostra direzione. L’idea era di percorrere per intero il sentiero 3 che si inoltrava nel Vallone del Sevice per raggiungere l’altipiano e da lì le vette principali del gruppo fino al Velino. Ci siamo inerpicati per i primi tornanti del sentiero quando, poco prima di un tratto rettilineo che volge a sinistra incuneandosi nel vallone, quasi in corrispondenza di un Ginepro insolitamente alto ed eretto quasi a camuffarsi da Cipresso, ho notato segni labili ma evidenti di un percorso non segnalato sulle carte. Non ci ho messo molto a farmi incuriosire, volgeva decisamente a destra, verso il Velino per intenderci e dava proprio l’impressione di continuare oltre la spalla della montagna che distava da noi un centinaio di metri. L’idea di una via alternativa alla classica e diciamolo anche noiosa salita al Velino si è prepotentemente insinuata in me. In quella direzione immaginavo il susseguirsi di valloni fino alle pendici del Velino, pensavo alle viste dalla valle e non trovavo altri agili percorsi se non le ripide pareti del Sevice, ma non mi risultavano nemmeno salti di roccia inaccessibili che avrebbero rappresentato uno stop alla nostra salita. Devo dire che una rapida riflessione sulla fattibilità del percorso dettato da quel sentiero sconosciuto è diventata in pochi momenti variante al percorso iniziale. Luca si è abbandonato alla mia proposta godendo già del fatto che la discesa sarebbe stata un anello questa volta davvero per il vallone del Sevice. I primi passi sul nuovo percorso ci hanno portato a traversare più o meno in quota su una prima spalla del Sevice, e poi ad incassarci su un poco evidente vallone e quindi di nuovo a risalire una ulteriore spalla che una volta superata mostrava essere in maniera evidente l’ampia cresta ovest del Sevice stesso. Oltre, proseguendo ancora nella stessa direzione era evidente per l’enorme mole e per la già visibile croce di vetta il Monte Velino. Non c’erano più dubbi. Ormai si trattava solo di volgere in alto il passo e di farsi di petto quella enorme scalinata verso i 2355 metri del Sevice. Senza ombra di sentiero si saliva più o meno verticalmente su di un pendio consistente e costante a tratti ripido ma mai esposto. Una scala verso il cielo la definirei; rocce scomposte ma ferme a formare gradini naturali mettevano a dura prova le nostre gambe ma facevano salire di quota con una rapidità sconcertante. Ogni volta che si guardava l’altimetro si era saliti di 50 o 100 metri. Bel presto la tonda sagoma del Costognillo che si ergeva minuta a fianco del Velino ci dava le dimensioni della salita che rimaneva da fare. Già perché lungo la cresta che definirei direttissima per il Sevice la vetta non si vede mai; si ha sempre l’impressione di esserne in prossimità per i continui tondi speroni che potrebbero segnare la fine della salita ma che nascondono ancora una lunga scala verso l’obiettivo. Si capisce di essere in prossimità della cima solo quando il Costognillo si erge ormai alla stessa nostra quota; la croce ed il Cristo di vetta si manifestano solo a pochi metri dalla sommità. Sono solo le 10 e 05; ci accorgiamo di aver coperto il dislivello di 1330 metri con una velocità strepitosa e senza essercene accorti. Ci congratuliamo di noi stessi meravigliati e increduli. Lassù lo scenario cambia completamente. Tanto asciutta e priva di neve è stata la salita quanto innevato è lo scenario che ci si apre davanti dell’intero gruppo del Velino. La giornata stupenda ci permette di spingere lo sguardo ovunque. Solo i Sibillini sono coperti dalla caligine della lontananza. La piramide del Velino è lì sopra di noi a dominarci con il suo lucido, abbagliante e ripido versante Nord, il Costognillo così vicino ma così separato da noi da una profonda valle sembra essere una collinetta di campagna in confronto. La neve è solida, crostosa e ben consolidata; montiamo i ramponi per scendere dai modesti cornicioni di vetta. Ci portiamo sulla cresta verso la valle dei Briganti per non perdere quota, aggiriamo le valli tra i due monti a saliamo il modesto dislivello del Costognillo. Per Luca è il secondo 2000 della giornata ma è già col naso all’insù verso la cima di quella piramide che ha di fronte. E’ chiaro che è quello l’obiettivo della giornata. Per me si tratta della quarta salita su questa gloriosa cima ma per Luca è un battesimo. Finalmente è a pochi attimi dal calpestarne la vetta. Si trattiene dall’accelelare l’andatura come è solito fare quando si trova in prossimità della cima , continuiamo appaiati fino alla spalla est del monte dove un attimo la salita smette di mordere le gambe. Lì troviamo un nuovo compagno di avventura. Lemme lemme ci si fa incontro Rocco, l’ormai famosissimo pastore Abruzzese padrone incontrastato di quelle montagne, docile cagnolone amico di tutti gli escursionisti del gruppo del Velino. Ci accompagna fino alla croce dove con noi divide qualche pezzo delle nostre vettovaglie. Arriviamo alle 11 e 30 e sostiamo per quaranta minuti sotto la croce. Il tempo per fermare nella nostra memoria gli sconfinati orizzonti di questa giornata tersa e il tempo per accogliere il popolo di escursionisti che lentamente ci raggiungono alla spicciolata. Quando ripartiamo per la via del ritorno in vetta ci sono una quindicina di persone. Una festa, una condivisione spontanea e allegra di una passione e di un luogo per molti inaccessibile. Il resto è discesa veloce lungo la cresta a ridosso della stupenda valle dei Briganti; un taglio verso la cresta nord del Sevice che intercettiamo più o meno a metà e che ci permette , vista l’abbondanza di neve, di scendere evitando le fastidiose rocce e il linea retta, verso il Monte Rozza. Cosa veramente da poco il dilivello di questa montagna dall’imbocco del vallone del Sevice; una breve cresta che si affaccia in maniera impressionante sull’inaccessibile Val di Teve e Luca è a festeggiare entusiasta il suo 50° 2000 di un velocissimo e sfolgorante curriculum da appenninista. Ci raggiunge Rocco e con lui come guida sicura ci incamminiamo nel Vallone del Sevice per un mesto ma veloce rientro. Alle 3 del pomeriggio siamo già in auto. E’ stata una autentica cavalcata, entusiasmante, in uno scenario bellissimo, in quota ancora dai caratteri marcatamente invernali mentre in basso già con i primi rigogliosi messaggi di una primavera prossima. E soprattutto abbiamo avuto l’impressione di aver vissuto il tempo; quello della fatica e del sudore della lunga e ripida salita al Sevice, quello delle soste in vetta a riempirci di ciò che il mondo ci offriva e quello della tanta solidarietà e condivisione trovata in cima al Velino con amici sconosciuti.